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Birra agricola: un prodotto a Km 0

Il concetto di birra agricola si basa sull’autoproduzione dell’orzo finalizzata alla produzione e alla commercializzazione della birra.


Si parla quindi di una birra a km 0, prodotta e imbottigliata dallo stesso soggetto.

Il punto essenziale per l’esistenza dei birrifici agricoli riguarda quindi la maltazione in proprio. Per poter definirsi agricoli, i birrifici devono avere una percentuale di materia prima prodotta in proprio, spesso all’interno di un Consorzio, non inferiore al 51% (70% per gli aderenti al marchio “Birragricola”). Proprio quest’ultimo requisito sottolinea la principale differenza con i produttori di birra artigianale. Questi infatti, possono acquistare malto di qualsiasi provenienza, dedicandosi solo alla trasformazione dello stesso.

Le aziende agricole devono quindi attenersi ad alcune normative piuttosto rigide, di cui ricordiamo le principali. Innanzitutto, i birrifici sono tenuti a rispettare le buone pratiche agricole di rotazione colturale, attraverso l’utilizzo delle tecnologie necessarie al fine di ottenere il miglior risultato finale. Possono aggiungere elementi aromatici solamente se legati al proprio territorio, mentre è vietato l’utilizzo di qualsiasi conservante. Si parla quindi di un prodotto naturale che conserva al massimo le proprie qualità organolettiche e nutrizonali, anche perchè le birre non vengono né pastorizzate, né filtrate. Infine, i processi di maltazione devono avvenire mediante l’utilizzo dei propri impianti di piccole dimensioni, non industriali, in grado di garantire la qualità e la sanità della birra.

La produzione di birra agricola coinvolge quindi tutto il ciclo di vita della birra come prodotto. Proprio per questo è fondamentale essere rigorosi con il proprio metodo di lavoro, al fine di tenere alto il livello qualitativo e il buon nome della birra agricola.

L’idea stessa di birra agricola rivela pertanto un atto d’amore verso il proprio territorio, volto a valorizzare le ricchezze del’ambiente circostante.